Il 26 dicembre 2004 l'Indonesia ed altri paesi lambiti dall'Oceano Indiano furono devastati da un apocalittico maremoto che causò immani distruzioni ed un numero abnorme di vittime. Il totale delle vittime nella sciagura di Santo Stefano fu di 288.952 morti, cui vanno aggiunti 8.760 dispersi. Quattro anni prima il ricercatore indipendente Cristoforo Barbato, autore di documentate inchieste su temi quali il controllo climatico, il Segreto Omega e le armi elettromagnetiche, aveva scritto un articolo sinistramente profetico, soprattutto là dove cita l'operazione "Clava d'Acqua". Fu un cataclisma naturale o qualcuno, come da anni si sospetta, ideò e perpetrò quell'atroce atto di distruzione?
L’Aeronautica degli Stati Uniti sperimenta segretamente la guerra meteorologica, grazie ad una tecnologia che consente di controllare gli elementi climatici e di scatenare violente tempeste contro eventuali nemici? Lo sostiene l’autorevole quotidiano "Frankfurter Allgemeine Zeitung", sulla scorta di sue analisi su uno studio dell’USAF.
L’eco della notizia ha mobilitato, fra le testate nazionali tedesche, anche "Bild", che ha ottenuto informazioni dal professor Atsumu Ohmura, direttore dell’Istituto di ricerca climatologica di Zurigo. Secondo Ohmura, quattro gli scenari che potrebbero delinearsi. Il primo, denominato "Operazione Inondazione", consisterebbe nel diffondere con aerei una polvere infinitesimale di nitrato d’argento sulle nubi, causando precipitazioni torrenziali da dirigere contro un avversario.
Il secondo, l’"Operazione Glaciazione", prevede l’uso di un ordigno contenente biossido di metano e di carbonio che, deflagrato ad un’altezza di 17 Km, produrrebbe una coltre di particelle tale da oscurare il Sole ed indurre la morte per congelamento del nemico a terra. Il terzo è la "Tempesta di fuoco", cioè l’impiego di armi laser indirizzate sul deserto surriscalderebbe l’aria che, sollevandosi dalla superficie provocherebbe devastanti tempeste. L’ultimo scenario, l’operazione "Clava d’acqua", impiegherebbe una speciale miscela esplosiva sotto la superficie del mare, con una potenza detonatrice tale da riprodurre un maremoto. Onde alte 30 metri annienterebbero qualsiasi unità navale, porti e basi nemici, per centinaia di chilometri.
A tale apocalittico arsenale si aggiunga un’arma a microonde che investendo sciami d’api, darebbe luogo ad un fittissimo pulviscolo, una cortina naturale che metterebbe fuori uso le apparecchiature radar o formerebbe densi agglomerati nubiformi per ostacolare le incursioni aeree.
(Cristoforo Barbato); Il Mattino; 10 Novembre 2000
L’eco della notizia ha mobilitato, fra le testate nazionali tedesche, anche "Bild", che ha ottenuto informazioni dal professor Atsumu Ohmura, direttore dell’Istituto di ricerca climatologica di Zurigo. Secondo Ohmura, quattro gli scenari che potrebbero delinearsi. Il primo, denominato "Operazione Inondazione", consisterebbe nel diffondere con aerei una polvere infinitesimale di nitrato d’argento sulle nubi, causando precipitazioni torrenziali da dirigere contro un avversario.
Il secondo, l’"Operazione Glaciazione", prevede l’uso di un ordigno contenente biossido di metano e di carbonio che, deflagrato ad un’altezza di 17 Km, produrrebbe una coltre di particelle tale da oscurare il Sole ed indurre la morte per congelamento del nemico a terra. Il terzo è la "Tempesta di fuoco", cioè l’impiego di armi laser indirizzate sul deserto surriscalderebbe l’aria che, sollevandosi dalla superficie provocherebbe devastanti tempeste. L’ultimo scenario, l’operazione "Clava d’acqua", impiegherebbe una speciale miscela esplosiva sotto la superficie del mare, con una potenza detonatrice tale da riprodurre un maremoto. Onde alte 30 metri annienterebbero qualsiasi unità navale, porti e basi nemici, per centinaia di chilometri.
A tale apocalittico arsenale si aggiunga un’arma a microonde che investendo sciami d’api, darebbe luogo ad un fittissimo pulviscolo, una cortina naturale che metterebbe fuori uso le apparecchiature radar o formerebbe densi agglomerati nubiformi per ostacolare le incursioni aeree.
(Cristoforo Barbato); Il Mattino; 10 Novembre 2000
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