Quando abbiamo abbandonato la sapienza per la scienza? (T.S. Eliot)
Spesso l’etimologia è molto istruttiva: la parola “scienza” deriva, come è palese, dal verbo latino “scio”, sapere. Questo verbo è imparentato con “scindo”, dividere, spezzare: infatti la scienza è per lo più il risultato di operazioni di separazione, di distinzione, di analisi portate spesso alle estreme conseguenze. Tutti quelli che, in qualsiasi dibattito, si armano con lo scudo della scienza, non sanno (o fingono di non sapere) che il metodo scientifico è poco sistematico, che le conoscenze progrediscono per salti e discontinuità, che, ad esempio, la tanto decantata teoria di Einstein è ancora e pur sempre una teoria, un modello di interpretazione della realtà, tra l’altro non del tutto compatibile con altri paradigmi.
Spesso l’etimologia è molto istruttiva: la parola “scienza” deriva, come è palese, dal verbo latino “scio”, sapere. Questo verbo è imparentato con “scindo”, dividere, spezzare: infatti la scienza è per lo più il risultato di operazioni di separazione, di distinzione, di analisi portate spesso alle estreme conseguenze. Tutti quelli che, in qualsiasi dibattito, si armano con lo scudo della scienza, non sanno (o fingono di non sapere) che il metodo scientifico è poco sistematico, che le conoscenze progrediscono per salti e discontinuità, che, ad esempio, la tanto decantata teoria di Einstein è ancora e pur sempre una teoria, un modello di interpretazione della realtà, tra l’altro non del tutto compatibile con altri paradigmi.
Soprattutto gli araldi del dogmatismo ci vogliono convincere che l’unico criterio conoscitivo fecondo è il loro, svalutando ogni forma di indagine incentrata sullo studio della Tradizione, ma anche la sapienza ed ogni visione olistica del reale. I loro criteri si basano sulla segmentazione di ogni fenomeno, talmente sezionato da diventare del tutto incomprensibile. Così, quando un ricercatore osa manifestare un atteggiamento indipendente, è subito scomunicato dalla chiesa degli scienziati “seri” (alla pirlangela per intenderci); se non si pente, cospargendosi il capo di cenere, è condannato all’ostracismo. Non dimentichiamo che in tale modus operandi non sono neppure mossi dalla volontà di propugnare dei disvalori, ma da opportunismo. Gli scienziati-sacerdoti non sono quasi mai in buona fede: sono lingue venali che, alle dipendenze di potentati vari, ora denigrano chiunque ardisca concepire idee nuove, ora ostacolano strenuamente qualsiasi ricerca e sperimentazione suscettibile di danneggiare i loschi interessi dei loro padroni.
Non è il caso di riportare le intelligenti riflessioni di Karl Feyerabend, il filosofo austriaco che, nella sua fondamentale opera, intitolata “Contro il metodo”, ha messo in luce limiti, contraddizioni, sorprese ed anomalie dei procedimenti scientifici. Rimando perciò i lettori al saggio del filosofo. Intendo, invece, additare la categoria degli “scienziati” ufficiali come una delle più pericolose tra quelle in circolazione. Costoro, dotati purtroppo di notevole carisma, fanno credere alla gente comune quello che vogliono. Emblematico è il caso di quel drappello di meteorologi, ingegneri aeronautici e chimici, tra le cui schiere, per fortuna, aumentano le diserzioni, che, pur di preservare la loro posizione di ministri dei potenti, pur di difendere l’indifendibile reputazione dei loro munifici mecenati, ignorando che cosa sia non solo la conoscenza, ma anche il buon senso e la dignità, si arrampicano sugli specchi senza ventose. Essi si affannano per tentare di convincere i cittadini che le scie velenose non esistono: infatti le strisce lunghe, sfilacciate e persistenti lasciate da aerei privi di contrassegni identificativi, sono il frutto di allucinazioni individuali o collettive. Sono state filmate e fotografate! Sono allucinazioni lo stesso. Codesti insigni studiosi, lambiccandosi in modo inverosimile, hanno pubblicato una ricerca tanto corposa quanto soporifera e sciatta solo per affermare che le scie di condensazione sono formate da vapore acqueo. È proprio il caso di dirlo: è la scoperta dell’acqua… anzi del vapore caldo.
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