martedì 12 settembre 2006

Cenni su alcuni aspetti biologici ed ecologici legati alle scie chimiche

Alcuni spocchiosi personaggi affermano che il fenomeno “scie chimiche”, che comunque negano in toto ed in modo aprioristico, pur vantandosi di usare il metodo scientifico, non può essere correlato ad aspetti biologici, ossia alla diffusione di malattie causate da agenti patogeni. In primo luogo questi idiots savants, che a volte osano pure esibire lauree in biologia (fossi in loro fingerei almeno di essere soltanto una matricola per evitare colossali gaffes), ignorano che certi virus e batteri proliferano in specifiche condizioni ambientali, di solito collegate a particolari parametri di umidità e temperatura. Inoltre costoro non sanno che alcuni microorganismi vivono in strati più o meno alti dell’atmosfera da dove possono essere trasportati in altri habitat insieme con le sostanze di ricaduta.

La spregevole operazione “scie chimiche” è volta, tra le altre cose, come dimostrato in modo inoppugnabile, a determinare situazioni biologiche e climatiche innaturali ed estreme (decremento delle popolazioni di specie animali utili, siccità, diminuzione delle precipitazioni…), a creare ecosistemi malsani e poveri di predatori, in cui è più facile che certi microorganismi o specie nocive si sviluppino. Si pensi, ad esempio, a quelle aree occupate da acque putride e stagnanti, ambienti ideali per la riproduzione di zanzare, ditteri talora vettori di agenti patogeni, come nel caso della zanzara anofele, il cui ruolo nella diffusione del plasmodium, protozoo all’origine della malaria, è arcinoto.

La diminuzione di uccelli insettivori, a causa del massiccio impiego di prodotti chimici in agricoltura, si è purtroppo ulteriormente aggravata per via dello spargimento di sostanze che sono dannose senza dubbio per gli uomini, ma anche per gli animali e le piante i cui biomi, sebbene spesso lontani dalle più inquinate aree urbane, risultano dalla metà degli anni ’90 circa, avvelenati dal bario, dall’alluminio e da altri elementi, laddove un tempo certe plaghe erano quasi incontaminate. (1) Non è un caso se in regioni poco antropizzate, per lo più collinari e montane, in base alle analisi condotte, sono stati registrati valori abnormi ed inattesi di bario ed alluminio, valori che semmai sono compatibili con zone industrializzate dove si trovano impianti metallurgici e chimici o discariche per lo stoccaggio di rifiuti delle lavorazioni. (2) Siamo in presenza di un disastro ambientale catalizzato dall’operazione "scie velenose": parchi nazionali e regionali, riserve naturali, aree “protette” non sono risparmiate sicché, come dimostrato dall’agronoma californiana Rosalind Peterson, la vegetazione si indebolisce, diventando vulnerabile all’attacco di parassiti. Anche i quotidiani di regime, quegli scartafacci pieni di menzogne e di sciocchezze, hanno dovuto ammettere che il manto forestale europeo e nordamericano è depauperato e compromesso. Tra l’altro, la copiosa irrorazione provoca l’inquinamento delle sorgenti e delle falde acquifere: chiunque si rechi in montagna può constatare de visu l’ininterrotto andirivieni di velivoli chimici intenti a rilasciare veleni che, ricadendo al suolo, penetrano nell’humus e negli strati freatici cui si attinge per approvvigionarsi di acque minerali. L’avvelenamento delle acque sorgive è una delle azioni più criminali che siano mai state concepite ed attuate: chi la ignora e non interviene si assume una responsabilità che grida vendetta al cospetto di Dio.

Vorrei infine accennare alla presunta diffusione diretta di virus e batteri attraverso le scie: è probabile che siano distribuiti microorganismi uccisi o sostanze prodotte dai microorganismi stessi (tossine o antigeni proteici di superficie) in una sorta di vaccinazione, i cui effetti, alla luce delle recenti acquisizioni in ordine alla pericolosità per la salute di questa profilassi (?) di cui oggigiorno si abusa, sono probabilmente deleteri. I rapporti ufficiali in nostro possesso, ad esempio quello divulgato dall’Idaho Observer, citano virus, batteri e vaccini senza, però, specificare se siano ceppi completamente inattivati o no, se siano stati modificati geneticamente, se i vaccini siano monovalenti, polivalenti o misti. È per questo motivo che esortiamo microbiologi e biologi a mettersi in contatto con noi per collaborare in studi che possano fornire utili elementi per comprendere appieno l’entità del fenomeno.


(1) Tra le specie dell’avifauna in allarmante diminuzione ricordo l’albanella reale, l’allocco, l’aquila reale, l’averla, il balestruccio, la balia nera, la ballerina gialla, la calandrella, la cappellaccia, il cardellino, la cinciallegra, la civetta, la cornacchia grigia, il corvo imperiale, il falco pecchiaiolo, il gheppio, il gufo comune, il gufo reale, il migliarino di palude, la monachella, il nibbio reale, l’ortolano, il falco pellegrino, il picchio nero, la pispola, il rondone alpino, il saltimpalo, la tordela, il tordo bottaccio. L’elenco è lungo ma incompleto.

(2) Si vedano le analisi dei cui risultati si darà conto, non appena saranno state esaminate dagli esperti contattati.


Fonti:
Enciclopedia delle scienze, Milano, 2005, sotto le voci vaccinazione e virus
H. Heath, Scie chimiche: un rapporto ufficiale ammette l’irrorazione, 2006
Scienze naturali a cura di M. Tozzi, Milano, 2005, s.v. bacteriophyta
Zret, La battaglia di Rosalind Peterson, 2006

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