sabato 9 settembre 2006

Iperrealismo addio

Sarebbe stato stimolante dedicare un testo solo al Fotorealismo, ma maiora premunt: urgono problemi più importanti.

L’Iperrealismo è una corrente artistica affermatasi nella seconda metà degli anni ’70 del XX secolo, soprattutto negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna e contraddistinta da una raffigurazione straniante della realtà, per mezzo di una riproduzione analitica e fredda. Gli artisti dell’Iperrealismo, vituperati da critici d’arte ottusi, perché scambiati per passivi riproduttori delle cose, sono, invece, i rappresentanti di un’arte figurativa in cui il realismo estremo sfocia nell’astrazione.
Di solito gli artisti dello sharp focus realism mediano la raffigurazione di scenari, per lo più urbani, con l’uso di fotografie e di diapositive per dare rilievo ai valori cromatici, ma soprattutto per accentuare la luce affilata che ritaglia i contorni degli oggetti, conferendo all’immagine un’enfasi superrealista. “Mai i quadri realistici furono così poco realistici”, osserva Peter Sager, mai gli aspetti fotocromatici furono così esaltati. Si ammirino, in particolar modo, le opere di Ben Schonzeit, Richard Estes, Don Eddy, Ralph Goings, John Salt… solo per citare alcuni pittori nelle cui tele i toni e le ombre si accendono di riflessi taglienti come schegge. “Gli oggetti, nei loro quadri, mostrano le forme percettive: cambiamento dell’intensità luminosa, della profondità, frammento e blow up. Viene dunque mostrato con quali condizioni e cambiamenti ottici, qualcosa appare come “oggettivo”, “concreto” e si dimostra “reale”. (1)

Tuttavia questo paradosso iconico ed ontologico di una realtà irreale non sarebbe stato possibile, senza la qualità timbrica e d’intensificazione della sensorialità percettiva inerente alla luce “californiana”, luce visibile, fino agli anni '70, nelle pellicole e nei telefilms statunitensi, i cui esterni esibivano spesso cieli tersi, turchini, sui quali si stagliavano silhouettes di litorali e di palme. Oggi le pellicole cinematografiche e le produzioni televisive mostrano cieli opachi, biancastri o di un pallido cilestre sfregiato dalle solite cicatrici chimiche. L'atmosfera caliginosa immerge tutto in una deprimente grisaille. È una situazione sconfortante sotto il profilo estetico, ma transeat. Il problema vero è un altro: le chemical trails sono composte da sostanze dannosissime per gli ecosistemi e per gli esseri viventi, sebbene pochissimi siano al corrente della questione ed ancor meno coloro che si adoperano per combattere tale criminale operazione.

In ogni caso oggi l’Iperrealismo non sarebbe possibile.

(1) P. Sager, Le nuove forme del Realismo, Milano, 1976, p. 75


Fonti:

Enciclopedia dell’arte, Milano, 2002, s.v. Iperrealismo
P. Sager, Le nuove forme del Realismo, Milano, 1976

Nota: l'immagine riproduce un'opera ad aerografo di Ralph Goings.

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