Su la trista riviera d’Acheronte (Dante, Inferno, III, 78)
Spesso i quotidiani ed i notiziari si soffermano sull'"emergenza rifiuti" in Campania: quando i cassonetti per l'immondizia sono strapieni, rifiuti di ogni tipo si accumulano sui cigli delle strade, sulle massicciate, nei campi, persino sui pendii dei colli. Alcuni stolti individui, pensando di esprimere una protesta, appiccano il fuoco alla spazzatura, da cui esalano fumi ammorbanti che contengono diossina ed altri esiziali veleni. Nell'area dell'Hinterland partenopeo, stando alle statistiche, si registra una percentuale di tumori, di feti malformati e di aborti spontanei, superiore alla media nazionale.
E' un'obbrobriosa e sterminata banlieu dove, tra costruzioni abusive, discariche più o meno illegali, siti per lo stoccaggio dei rifiuti, non resta neanche un pallido ricordo della ferace ed amena regione definita un tempo dagli autori latini Campania felix. I vari sindaci, commissari governativi, responsabili della “protezione civile” ed altri inutili personaggi hanno creduto di risolvere il problema ora con i "termovalorizzatori", le cui emissioni sono dannose, ora con la creazione di aree dove l'immondizia, dopo essere stata compressa, è accatastata in montagne di eco-balle (parola di involontaria ironia anfibologica). La popolazione si oppone alla costruzione di impianti per la combustione dei rifiuti con cui si può produrre energia, ma anche alle discariche per le quali bisogna occupare zone un tempo destinate all'agricoltura o all'allevamento, con il rischio di inquinare l'humus, le falde acquifere e le sorgenti.
Quali potrebbero essere i rimedi ad una situazione tanto critica? La raccolta differenziata, il riuso, il riciclaggio, il consumo intelligente... Le tecnologie e le strategie per trasformare i rifiuti in risorse senza avvelenare l'ambiente esistono. Tuttavia manca del tutto quella che una volta veniva definita "volontà politica": non si tratta, però, solamente di inefficienza e di incapacità delle istituzioni che comunque sono loro “doti” indiscutibili. Sembra di intravedere, infatti, una precisa, perversa intenzione che ha trasformato ampie zone della Campania in un laboratorio per un folle esperimento, approfittando della cronica insipienza della classe politica locale, della perniciosa diffusione della malavita organizzata.
Centri di potere hanno dunque ridotto quella terra ad un avamposto dell'inferno. Non si può restare sgomenti, quando si osservano le spirali di fumo mefitico ed acre che si levano da cumuli in fiamme, mentre nel cielo opaco scorrazzano aerei chimici da cui si snodano scie venefiche. Lo scenario ha i colori dello Stige: tutto è grigiastro, smorto, lugubre. In lontananza il Golfo di Napoli, appena visibile tra la nebbia chimica, sembra una "livida palude". Il Vesuvio è un'ombra spettrale che sovrasta la desolazione.
Se esistono ingentissime risorse finanziarie e gli strumenti tecnologici per compiere l'infame e deleteria "operazione scie chimiche", per quale motivo non si riesce a risolvere il problema dei rifiuti che seppelliscono la Campania? Non si può o non si vuole? Tutto ciò è dovuto alla stoltezza degli amministratori o alla spaventosa efficienza di uno stato-Leviatano, di un sistema la cui diabolica forza risiede nell'apparente debolezza?
Leggi qui altri articoli sugli attacchi chimici in Campania.
Spesso i quotidiani ed i notiziari si soffermano sull'"emergenza rifiuti" in Campania: quando i cassonetti per l'immondizia sono strapieni, rifiuti di ogni tipo si accumulano sui cigli delle strade, sulle massicciate, nei campi, persino sui pendii dei colli. Alcuni stolti individui, pensando di esprimere una protesta, appiccano il fuoco alla spazzatura, da cui esalano fumi ammorbanti che contengono diossina ed altri esiziali veleni. Nell'area dell'Hinterland partenopeo, stando alle statistiche, si registra una percentuale di tumori, di feti malformati e di aborti spontanei, superiore alla media nazionale.
E' un'obbrobriosa e sterminata banlieu dove, tra costruzioni abusive, discariche più o meno illegali, siti per lo stoccaggio dei rifiuti, non resta neanche un pallido ricordo della ferace ed amena regione definita un tempo dagli autori latini Campania felix. I vari sindaci, commissari governativi, responsabili della “protezione civile” ed altri inutili personaggi hanno creduto di risolvere il problema ora con i "termovalorizzatori", le cui emissioni sono dannose, ora con la creazione di aree dove l'immondizia, dopo essere stata compressa, è accatastata in montagne di eco-balle (parola di involontaria ironia anfibologica). La popolazione si oppone alla costruzione di impianti per la combustione dei rifiuti con cui si può produrre energia, ma anche alle discariche per le quali bisogna occupare zone un tempo destinate all'agricoltura o all'allevamento, con il rischio di inquinare l'humus, le falde acquifere e le sorgenti.
Quali potrebbero essere i rimedi ad una situazione tanto critica? La raccolta differenziata, il riuso, il riciclaggio, il consumo intelligente... Le tecnologie e le strategie per trasformare i rifiuti in risorse senza avvelenare l'ambiente esistono. Tuttavia manca del tutto quella che una volta veniva definita "volontà politica": non si tratta, però, solamente di inefficienza e di incapacità delle istituzioni che comunque sono loro “doti” indiscutibili. Sembra di intravedere, infatti, una precisa, perversa intenzione che ha trasformato ampie zone della Campania in un laboratorio per un folle esperimento, approfittando della cronica insipienza della classe politica locale, della perniciosa diffusione della malavita organizzata.
Centri di potere hanno dunque ridotto quella terra ad un avamposto dell'inferno. Non si può restare sgomenti, quando si osservano le spirali di fumo mefitico ed acre che si levano da cumuli in fiamme, mentre nel cielo opaco scorrazzano aerei chimici da cui si snodano scie venefiche. Lo scenario ha i colori dello Stige: tutto è grigiastro, smorto, lugubre. In lontananza il Golfo di Napoli, appena visibile tra la nebbia chimica, sembra una "livida palude". Il Vesuvio è un'ombra spettrale che sovrasta la desolazione.
Se esistono ingentissime risorse finanziarie e gli strumenti tecnologici per compiere l'infame e deleteria "operazione scie chimiche", per quale motivo non si riesce a risolvere il problema dei rifiuti che seppelliscono la Campania? Non si può o non si vuole? Tutto ciò è dovuto alla stoltezza degli amministratori o alla spaventosa efficienza di uno stato-Leviatano, di un sistema la cui diabolica forza risiede nell'apparente debolezza?
Leggi qui altri articoli sugli attacchi chimici in Campania.
Certo non è più la Campania dipinta da Plinio il Giovine...
RispondiElimina...e nemmeno quella regione felice che descrisse Goethe nel suo 'Viaggio in Italia', agli antipodi delle follia e del degrado che patiscono oggi quella terra e quella gente una volta benedette dagli Dei.
RispondiEliminaSì, purtroppo è così. Altro che Magna Grecia.
RispondiEliminaCiao