mercoledì 27 novembre 2013

Le scie di condensazione impossibili


Ormai è assodato e certo. Nelle operazioni di mantenimento elettroconduttivo dell'atmosfera, sono pienamente coinvolte le compagnie per il volo civile. Quelle scie non persistenti che osserviamo nelle giornate con il cielo del tutto sgombro di nubi (condizione indotta ed artificialmente ottenuta tramite la diffusione di elementi chimici igroscopici che impediscono la formazione di cumuli da bel tempo), non sono il frutto della condensazione, ma il risultato della combustione di speciali carburanti [ VIDEO ] ed additivi. Ciò determina la formazione di false scie di condensazione e la ricaduta di polimeri (sotto forma di filamenti), spacciati per tele di ragni volanti. Le scie di condensazione, peraltro, sono un fenomeno rarissimo, tanto che, nelle vecchie e blasonate enciclopedie, il lemma "scia di condensazione" è assente.



In inglese, il termine "contrails" è l'abbreviazione di "condensation trails", ovvero "scie di condensazione". La loro formazione è legata a specifiche condizioni atmosferiche:

- Temperatura inferiore a -40 °C
- Umidità relativa non inferiore al 70%
- Altitudine superiore almeno agli 8000 metri
- Pressione atmosferica idonea (Si veda: "Il fattore della pressione atmosferica nella formazione delle scie", 2013

Scrive il meteorologo Pierluigi Randi nel suo logorroico ed inutile documento "L'annosa questione delle scie di condensazione":

"Se l'atmosfera ha temperatura inferiore rispetto a quella indicata dalla linea dello 0%, una scia si forma, anche se il tasso di umidità relativa dell'atmosfera è uguale a zero. Di per sé, sarà l'aereo, tramite il vapore che esce dallo scarico, a fornire l’umidità per la formazione della scia; per cui in giornate anche limpide con aria secca ma anche con temperature in alta troposfera piuttosto basse, la formazione delle scie è comune, anche se non vi è alcuna altra nube in cielo (ciò perché il vapore acqueo è fornito artificialmente)".

La contraddizione tra le dichiarazioni mendaci dei negazionisti e la realtà della fisica emerge in questi termini: ad alta quota l'aria è molto secca. I disinformatori-negazionisti (e qui si intende anche i meteorologi) sostengono che le contrails si formano anche ad umidità relativa pari a zero. E' falso! In realtà, prima del 2007 erano essi stessi ad affermare che era necessaria UR (umidità relativa) elevata in quota. Li contraddice pure uno di loro... uno di quelli che negano l'esistenza delle cosiddette “scie chimiche”. E' il Generale dell'aeronautica militare Alfio Giuffrida, il quale scrive:

"L’immissione in atmosfera dei gas di scarico degli aerei, ricchi di nuclei di condensazione e di vapore acqueo, determina la sovrassaturazione del vapore acqueo e, quindi, la formazione di scie. Le scie di condensazione di formano ad altezze in cui la temperatura dell’aria è molto bassa (inferiore a -40 °C), con umidità relativa ALMENO del 60%. Le scie possono essere più o meno durare nel tempo, a seconda della stabilità dell’aria e della quantità di vapore presente". [Girolamo Sansosti & Alfio Giuffrida - Manuale di meteorologia, Una guida alla comprensione dei fenomeni atmosferici e climatici in collaborazione con l'UAI (Unione Astrofili Italiani) - Gremese Editore – 2006 – pag 86]

Ora, di là dall'evidente mistificazione del fenomeno della condensazione e della persistenza ed espansione delle contrails, fenomeno praticamente impossibile, poiché ciò supporrebbe valori di UR superiori al 150% ed in costante e progressivo aumento, è palese come lo stesso Giuffrida, insieme con il Colonnello dell'aeronautica militare Girolamo Sansosti, sottolinei come è necessaria una UR elevata (almeno del 60%), anche ammesso e non concesso che la produzione di acqua da parte dei motori sia elevata.

A questo punto il mio consiglio è uno e sempre il medesimo: Ignorate quello che asseriscono i depistatori. Essi mentono e la loro insistenza induce a ritenere che siano pagati per mentire o, per lo meno, hanno qualche interesse per coprire la verità.

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lunedì 25 novembre 2013

Nubifragio in Sardegna: un altro episodio di guerra climatica?

Sit eis terra levis.



Dopo che la Sardegna è stata colpita da un formidabile nubifragio, è stato adoperato e ripetuto il termine "ciclone”, nel senso di uragano, non nel significato di vortice depressionario. Sull’isola si è scatenata la furia di un vero e proprio uragano o siamo di fronte alla solita manipolazione linguistica, inconfondibile traccia della consueta manipolazione meteorologica? Ci si dimentica che un ciclone si forma solamente nella fascia oceanica compresa tra circa 30° latitudine N e 30° latitudine S, quando la temperatura dei primi cinquanta metri di oceano è almeno di 26.5°C. L’aria, a contatto con l’oceano caldo, diventa instabile e sale, raffreddandosi per espansione. L’umidità si condensa quindi in imponenti nubi temporalesche: la differenza di temperatura tra la base e la sommità del tifone è dell’ordine di 100°C ed è in grado di scatenare venti che possono toccare i 200 chilometri all’ora. Il Mediterraneo, a differenza del Pacifico e dell’Atlantico, non è un mare dove si possono rilevare questi fenomeni estremi.



Nel caso della calamità in Sardegna possiamo ipotizzare un fenomeno artificiale? La risposta è probabilmente affermativa. Vediamo perché.

• Il ciclone si manifesta come un enorme mulinello di forma appunto circolare. Ciclone deriva dal greco “kyklòs”, che vale “cerchio”. Le immagini satellitari mostrano, però, a sud della martoriata isola una formazione a V: è un particolare su cui torneremo.
• I giorni che hanno preceduto il disastro erano stati funestati da una parossistica attività chimica: composti elettroconduttivi erano stati dispersi da aerei civili e militari. Questi composti costituiscono, per così dire, il substrato su cui si crescono le energie elettromagnetiche. E’ una falda che, soprattutto durante la notte, imprigiona il calore nella bassa atmosfera, creando un effetto serra artificiale. Di conseguenza i meccanismi di scambio termico sopra descritti, possono sfociare in manifestazioni atmosferiche di notevole veemenza.
• A sud dell’isola, le mappe satellitari mostrano un robusto corpo nuvoloso a foggia di V: è una cosiddetta V-Shaped. I meteorologi di regime, in questi ultimi tempi, si sono affrettati a classificare tale fenomeno indotto, riconducendolo a qualcosa di naturale, ancorché insolito e di fatto inspiegato. La configurazione geometrica delle V-Shaped, del tutto assenti, come le “innocue velature”, nei testi di meteorologia non contraffatti”, lascia intrevadere lo zampino dei militari. Le V-Shaped, secondo la climatologia orwelliana, sarebbero temporali autorigeneranti (sic), una specie di moto perpetuo sul mare.
• Esistono strumenti per originare nubi: sono probabilmente un’evoluzione dei Liquid Rocket Engines (J-2X e RS-25), progettati dalla N.A.S.A. o del Taurus Molecular Cloud, TMC- 65, un dispositivo sperimentato inizialmente dai russi ed impiegato poi dagli Stati Uniti per provocare la pioggia. Il TMC era stato ideato in origine per oscurare i radar.
• Le supercelle temporalesche classiche hanno la forma di incudine e si sviluppano in verticale. Casualmente questi sistemi sono sempre più rari in concomitanza con fenomeni piovosi di elevata intensità.
• E’ possibile riscaldare alcune parti dell’atmosfera con armi satellitari: alcune particelle pesanti, definite adroni, possono essere accelerate a dismisura da un’apparecchiatura ad hoc, installata su un satellite in orbita, quindi le particelle sono sparate verso la Terra. Quando gli adroni urtano con le particelle d'aria della bassa atmosfera, che è più densa, gli adroni danno origine ad un fascio di fotoni. I fotoni, in meccanica quantistica, sono le particelle vettrici del campo elettromagnetico, quindi il risultato è un potentissimo raggio di energia elettrodinamica che colpisce il pianeta. [2] Il raggio non è visibile, ma interagisce con gli apparati elettrici ed elettronici che incontra sul suo percorso, provocandone in pochi secondi il surriscaldamento e l'autocombustione o addirittura l'esplosione. Un'arma del genere ha un potenziale distruttivo abnorme: un dispositivo simile, se molto potente, potrebbe causare un black out che sarebbe poi attribuito da “scienziati” collusi con il potere e dai media di regime ad una tempesta solare. Quasi certamente questo congegno bellico è il perfezionamento di un’invenzione che si deve allo scienziato serbo, naturalizzato statunitense, Nikola Tesla. Egli chiamò la sua ferale invenzione “raggio della morte”. [3]
• Cunei di nuvole erano già stati rilevati in occasione di altre alluvioni: ad esempio, nel Golfo di Genova, quando la città e parte del Levante ligure furono investite da piogge torrenziali.
• Gli Stati Uniti dispongono di piattaforme H.A.A.R.P. mobili montate su navi: esse possono essere impiegate pressoché in ogni dove per influire sui fenomeni meteo.

Considerati questi aspetti, ci sembra improbabile che il flagello che ha devastato alcune zone Sardegna sia da ascrivere a Madre Natura: pare proprio sia stato un attacco sferrato contro una regione il cui vertice politico aveva programmato la cancellazione dell’I.V.A. con la creazione di un’area franca. E’ stato un altro episodio di guerra climatica che è recepita come tale ormai anche in una parte non irrilevante dell’opinione pubblica, quanto più i mezzi di disinformazione di massa si affannano a negarla.



[1] Il ciclone tropicale, che assume il nome di “uragano” nell’Atlantico e quello di “tifone” (dal cinese “da fon”, “grande vento”) nel Pacifico, è un fenomeno che si presenta come un vortice d’aria ad alta velocità. Si forma durante la stagione calda ed è cagionato dall’alta temperatura delle acque, dall’elevata umidità e dalla forza di Coriolis.

[2] Gli adroni sono le particelle elementari (barioni, mesoni e le rispettive antiparticelle) costituite da quark e che partecipano all’interazione forte, la forza che nel nucleo tieni uniti i neutroni ai protoni. I fotoni, che hanno la natura duplice di onde e di corpuscoli, veicolano la luce, forma di energia elettromagnetica.

[3] Alcuni ricercatori ritengono che molti pittogrammi nei campi di cereali siano creati con dispositivi satellitari.

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giovedì 21 novembre 2013

La guerra meteorologica in pillole


Il sito dedicato alla meteorologia, afferente all’Università partenopea “Federico II”, si segnala per la sua strenua opposizione alle conclusioni dell’I.P.C.C., il comitato pseudo-scientifico secondo cui il presunto riscaldamento globale sarebbe causato dall’aumento di CO2 in atmosfera. Pur nell’ambito di un orientamento vicino all’ortodossia, qua e là il portale in oggetto pubblica informazioni che si discostano dalla vulgata per fare qualche timido accenno alla guerra climatica. Di seguito una di queste notizie che, alla luce di quanto occorso di recente in Sardegna, assumomo una sinistra attualità.



Il primo atto di guerra meteorologica fu compiuto dagli Statunitensi, durante la Seconda guerra mondiale, quando furono bombardate le città tedesche di Amburgo e Dresda: in seguito agli incendi provocati dalle bombe al fosforo, le intense correnti ascensionali di aria rovente determinarono un fortissimo afflusso di venti dalle zone limitrofe. I venti, che toccarono la velocità di 200 chilometri all’ora, ebbero effetti rovinosi.

Durante il conflitto in Indocina, le forze statunitensi con l’operazione “Popeye”, per mezzo di oltre 2500 missioni, inseminarono le nubi con ioduro d’argento al fine di incrementare le piogge nelle zone attraversate dalle piste su cui transitavano i rifornimenti ai Vietcong.

Secondo Ohmura, direttore dell’Istituto di ricerca climatologica di Zurigo, la guerra meteorologica potrebbe articolarsi con scenari di volta in volta differenti.

• Deflagrazioni nella stratosfera di ordigni contenenti biossido di carbonio e metano in grado di produrre una coltre di particelle finissime con il fine di oscurare il Sole e di raffreddare intere aeree sottostanti.
• Armi laser indirizzate sul deserto per surriscaldare l’aria e provocare devastanti tempeste di sabbia. [1]
• Esplosioni di miscele speciali (anche ordigni nucleari, n.d.r.) sotto la superficie del mare per cagionare un maremoto con onde alte fino trenta metri.
Armi a microonde per creare un fittissimo pulviscolo ed una cortina (elettromagnetica n.dr.) tali da mettere fuori uso le apparecchiature elettroniche.


Fonte: La guerra meteorologica


[1] Un’équipe di ricercatori europei, coordinati dal fisico tedesco Rohwetter della Libera Università di Berlino, ha pubblicato sulla rivista scientifica “Nature photonics” di maggio 2010 un lavoro sui raggi laser per fini di modifica meteorologica. I raggi che colpiscono le nuvole dal basso sono in grado di stimolare la caduta della pioggia in modo molto più efficace dell’inseminazione delle nubi con aerei che spargono ioduro d’argento. L'esperimento è stato condotto prima in laboratorio. In una stanza con un'umidità vicina al livello di saturazione è stato usato un laser di grande potenza, una sorta di cannone energetico in grado di colpire ed eccitare le molecole di gas presenti nell'aria: si sono così creati nuclei di condensazione sui quali si sono subito addensate piccole gocce di acqua, visibili anche ad occhio nudo. L’esperimento è stato poi ripetuto direttamente nel cielo sopra Berlino, in una giornata nuvolosa. Anche in questo caso sono state ben visibili tracce di condensazione lungo tutto il percorso del raggio laser, ma le goccioline di pioggia così ottenute sono state troppo piccole per scatenare un vero e proprio acquazzone.

Fonte della nota: Tra le nuvole cannoni laser ed acquazzoni

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domenica 17 novembre 2013

Uragano Haiyan: disastrosa conseguenza di armi meteorologiche? (articolo di Rady Ananda)

L’uragano che ha recentemente devastato le Filippine, mietendo migliaia di vittime (sit eis terra levis), è stato il risultato di armi a microonde che hanno creato le condizioni adatte a potenziare una tempesta tropicale? Lo sostengono alcuni ricercatori, basandosi su una documentazione imponente e sull’analisi delle satellitari e dei radar Doppler che evidenziano zone irradiate esattamente il giorno prima che l’uragano Haiyan assumesse una forza inaudita. La fonte era in corrispondenza di una postazione radar statunitense.



Quando l’esperto Michael Janitch (alias Dutchsinse) ha caricato un video in cui dimostra che degli impulsi a microonde hanno preceduto la formazione dell’uragano Yolanda-Haiyan, il micidiale tifone che ha colpito le Filippine, molti abitanti dell’arcipelago hanno inviato il documento alle redazioni dei media nazionali per chiedere spiegazioni.

Il Gotha scientifico filippino, sotto l’egida del Dottor Alfredo Mahar Francisco A. Lagmay, ha negato che le onde elettromagnetiche possano influire sul tempo o causare terremoti. Langmay ha mentito: non solo alcune frequenze elettrodinamiche possono determinare sommovimenti tellurici,, ma gli scienziati ed i militari hanno imparato come usare questi campi elettromagnetici per conseguire nefandi scopi. Dalla metà degli anni ‘90 del XX secolo, con la creazione di H.A.A.R.P. e di altri riscaldatori ionosferici, questa tecnologia è stata sviluppata e distribuita un po’ in tutto il mondo. Gli impianti H.A.A.R.P. manipolano la ionosfera con onde radio dirette che possono interferire con le telecomunicazioni, dirigere ed intensificare le tormente, far saltare gli equilibri tettonici delle faglie. Esistono più di venti stazioni H.A.A.R.P. in tutto il pianeta: esse sono in grado di interagire con la ionosfera. Se questa tecnologia non funzionasse, i governi avrebbero costruito tutti questi impianti? Le installazioni sono ubicate in molti stati ed in ogni continente: a Boulder, Colorado (Stati Uniti d’America); Juliusruh, Germania; Pruhonice, Repubblica ceca; Akita, Giappone; Vasilsursk, Russia, ma pure in Australia, Italia, Norvegia…

Il giorno 11 novembre 2013 la testata “International Business Times” ha scritto: “Sono emersi dati secondo cui l’uragano di categoria 5 che si è abbattuto sulle Filippine, uno dei più forti cicloni mai rilevati, è stato causato da un impulso di microonde. Infatti un'anomalia di microonde è stata osservata nel Pacifico occidentale". Tempeste tropicali provocate dalle microonde erano state precedentemente discusse dal fisico nipponico Michio Kaku, ad esempio in alcuni programmi trasmessi dalla C.N.N.



Le immagini satellitari hanno mostrato una "heavy rotation", una forte rotazione che ha cominciato a svilupparsi nei pressi della Papua - Nuova Guinea, fino a generare una gigantesca tempesta tropicale. Il rapporto afferma che la rotazione si è creata nell’arco di 24 ore, dopo che era stata rilevata l'emissione di microonde. [...]

Lagmay ha affermato che le microonde non possono generare sismi. [1] Non tutti, però, sono d’accordo: il Dottor Brooks Agnew, un fisico esperto nel tema delle prospezioni geologiche atte alla ricerca di giacimenti di idrocarburi, spiega che le E.L.F. hanno proprio gli esiti di quelle sprigionate da un sub-woofer dell’impianto audio in un’auto: si possono effettivamente percepire le vibrazioni attraverso il corpo. Le onde E.L.F. fanno vibrare la litosfera e, alle frequenze di risonanza giuste, possono avere effetti devastanti. ” Il Dottor Agnew aggiunge: "Certe pre-condizioni sono già presenti nel suolo: tutto quello che serve è un’opportuna attivazione per ottenere il desiderato rilascio di energia". [...]

La Geologia e la Fisica riconoscono che le onde (vibrazioni) possono provocare terremoti ed altre calamità. Poco importa che i negazionisti si ostinino a tentare di nascondere le evidenze ed usino la magistratura per indurre al silenzio le voci fuori dla coro.

[1] I disinformatori sostengono che le alte frequenze dei sistemi H.A.A.R.P. non provocano gli effetti delle onde a bassa frequenza, ma, come ha dimostrato tra gli altri il Professor Alessio Di Benedetto, i riscaldatori ionosferici inviano in rapida successione due fasci di alta frequenza. Uno dei due ha, però, frequenza un po’ maggiore: ne risulta uno scarto così che il fascio riverberato sulla Terra, vi ritorna come E.L.F.


Articolo correlato: C. Penna, L’uragano nelle Filippine: problema, reazione, soluzione, 2013

Fonte: Dutchsinse video prompts Filipino scientist to deny geophysics and HAARP technology

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mercoledì 13 novembre 2013

Venter e la vita artificiale

J. Craig Venter è uno scienziato (se è lecito attribuirgli un titolo che ci sembra usurpato) appartenente alla genia di ricercatori le cui scoperte sono spacciate come mirabolanti rimedi per problemi inesistenti o provocati ad hoc dal complesso militare ed industriale. Tra l’altro, come non vedere nella creazione di batteri frutto di incroci e manipolazioni genetiche sia un’attitudine prometeica sia sinistri addentellati con la Biogeoingegneria clandestina, soprattutto con il versante “bio”? Che il genetista abbia prodotto un batterio denominato Mycoplasma laboratorium apre uno scenario inquietante

Ricopiare un D.N.A. alieno per riprodurre in laboratorio una creatura di altri mondi. Non è la trama dell’ultimo film di fantascienza di Ridley Scott, ma il progetto del genetista J. Craig Venter, uno degli "scienziati" che ha mappato il genoma umano: "Presto saremo in grado di duplicare forme di vita extraterrestri. Come? Semplice: con un software e una stampante 3D. Con questo metodo si potranno disegnare ogni tipo di cellula ed anche interi organismi. Le prime conseguenze di questa tecnologia saranno di grande utilità (come no...): potremmo produrre biocarburanti, combattere il riscaldamento globale (sic), sviluppare nuove terapie mediche". Lo afferma Venter nel suo ultimo libro “Life at the speed of light: from the double helix to the dawn of digital life” (“Vita alla velocità della luce: dalla doppia elica all’alba della vita digitale“).

Nel saggio, da poco uscito sul mercato anglosassone, l'autore affronta l’annosa questione: che cos'è la vita? Per il genetista, può essere ridotta a “proteine robot” ed a “macchine D.N.A.”, ma crede anche che il futuro ci riservi molte, straordinarie opportunità per creare, da zero, nuovi organismi viventi.

Lo scienziato è un pioniere in questo settore: è stato il primo a creare una forma di vita sintetica nel 2010, denominata “Mycoplasma laboratorium”, per la quale ha chiesto il brevetto.

L’obiettivo è stato raggiunto inserendo il genoma di un microbo, modificato in laboratorio, nella cellula di un batterio che si è poi riprodotto: è stato il primo organismo creato direttamente dall’uomo. Ora Venter è a capo dell’istituto che porta il suo nome dove continuano le ricerche sulla biologia sintetica ...

“Ormai gli scienziati sono in grado di manipolare e modificare il D.N.A. aggiungendo determinate caratteristiche per creare dei microbi su misura”, ha affermato lo studioso. A suo avviso, siamo insomma all’inizio di una “rivoluzione genetica” che permetterà all’umanità di modificare a proprio vantaggio (sic) tutte le forme viventi presenti sulla Terra, dal grano in grado di resistere alla siccità ed alle malattie, agli organismi artificiali capaci di produrre farmaci. Non solo: le cellule sintetiche potrebbero essere usate anche per potenziare l’intelligenza o allungare la durata della nostra esistenza.

“La mia paura più grande non è l’abuso della tecnologia, ma il suo mancato impiego”, pontifica Venter. Ecco perché il ricercatore guarda in avanti e prospetta scenari futuristici: entro tempi brevi saremo pronti anche a riprodurre in laboratorio forme di vita che non esistono qui, sul nostro pianeta, ma che si sono sviluppate su altri mondi.

“Sono fiducioso del fatto che una volta esisteva la vita su Marte e forse potrebbe esistere ancora. Non è lontano il giorno nel quale potremo inviare su un altro pianeta una sonda robotica capace di leggere la sequenza del D.N.A. di un qualche microbo. Se poi riusciamo a trasmetterla sulla Terra saremo in grado di ricostruire quei genomi“, sostiene J. Craig Venter. La versione sintetica di un D.N.A. scoperto, ad esempio, su Marte potrebbe permetterci di ricreare, qui, sul nostro pianeta, la vita marziana.

L’eventuale microorganismo alieno verrebbe prima disegnato sul computer e digitalizzato, venendo così tradotto, con un particolare software, in una serie di dati da inviare ad una stampante biologica in 3D che provvederebbe a realizzarlo. [...]


Fonte: La crepa nel muro

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venerdì 8 novembre 2013

E' confermato: i filamenti di ricaduta derivano dai carburanti aeronautici!

Pubblichiamo le fondamentali analisi eseguite da un laboratorio certificato francese su campioni di composti polimerici, i filamenti la cui dispersione e caduta sono associate al passaggio degli aerei militari e civili impiegati nelle irrorazioni clandestine a bassa ed alta quota. Non sono tele di Aracnidi, a differenza di quanto asserito in modo mendace dagli enti ufficiali preposti alla tutela dell'ambiente, ma fibre composte da ftalati. Le risultanze delle analisi confermano inequivocabilmente quanto da tempo asseriamo, ossia che gran parte delle compagnie commerciali sono coinvolte nelle operazioni di aerosol volte a modificare le condizioni dell'atmosfera: i veleni diffusi, infatti, entrano nella composizione dei carburanti e degli oli lubrificanti aeronautici. Si osservi che molti composti rilevati contengono il micidiale benzene. Per identificare i responsabili, bisogna perciò cercare chi produce e fornisce questi tossici additivi, utili agli scopi della geoingegneria clandestina.



Diversi campioni di filamenti raccolti tra novembre e dicembre 2012 sull'intero territorio francese sono stati inviati al nostro laboratorio da Thénioux. Le fibre provengono da Saint Clément des Levées, de Saint Martin de Crau e da Malabat.

Per ogni campione, sono stati eseguiti due esperimenti di desorbimento termico alla temperatura di 445° Celsius, da un lato, direttamente e dopo metilazione in-situ (un processo che consente il rilevamento di composti polari potenzialmente presenti). Diversi composti organici generati in questa serie di otto esperimenti, ogni volta sono stati separati mediante gascromatografia ed identificati mediante spettrometria di massa (GC/MS). [1]

I dati sono stati interpretati ed i risultati sono descritti in questo rapporto analitico. Sembra che questi filamenti aerodispersi siano polimeri organici complessi contenenti componenti chimici di sintesi, come dimostra l’analisi eseguita su molti prodotti della loro decomposizione termica, tra cui diverse molecole che si trovano comunemente nei carburanti e nei lubrificanti per motori aeronautici.

I quattro campioni studiati contengono diversi composti aromatici sintetici tossici (ftalati) e tre di essi contengono DEHP, un rappresentante di questa famiglia di prodotti particolarmente temuto per la sua proprietà d'interferente endocrino. Tutte le molecole organiche, in particolare composti eterociclici, presenti nei campioni di "filamenti aerodispersi" sono fonte di preoccupazione, sia in termini di salute pubblica sia per il loro impatto ambientale.

Riteniamo che questi filamenti potrebbero derivare dalla ricombinazione di sostanze rilasciate nell'atmosfera dai motori degli aerei.

Centro di indagini indipendenti e competenza in Chimica organica

ZAC Bousquets -130 Rue Innovation / 19 Rue Création 83390 CUERS France
Tel: +33 4 9428 5980 - Fax: +33 4 9428 5983
mailto:info@labo-analytika.com
http://www.labo-analytika.com
Partenaire de l'ADEME et de la Région PACA - Agréé à la Cour d'Appel d'Aix en Provence
Norme de fonctionnement : ISO 17025 (2005)
Bernard TAILLIEZ
Docteur ès Sciences
Directeur Scientifique – Fondateur
Responsable Assurance-QualitéQ

Qui il documento di analisi originale.


[1] Il desorbiménto [Comp. di de- e (ad)sorbimento] è il fenomeno, inverso dell'adsorbimento, consistente nella liberazione di una sostanza adsorbita su un solido.

[2] Gli ftalati sono esteri dell'acido ftalico. Sono composti in genere poco solubili in acqua, molto solubili negli oli e poco volatili. Di solito si presentano come liquidi incolori. Sono ottenuti per esterificazione tra l'anidride ftalica ed un alcool opportuno, generalmente compreso tra i 6 ed i 13 atomi di carbonio. Ad esempio, il di-2-etilesilftalato è prodotto dalla reazione chimica tra 2-etilesanolo ed anidride ftalica. Nel 2004 la produzione mondiale di ftalati è stata stimata in 400.000 tonnellate. Sono noti sin dagli anni ‘20 del XX secolo ed hanno conosciuto un incremento di produzione negli anni ‘50, con l'immissione sul mercato del PVC. Gli ftalati sono una famiglia di composti chimici usati nell'industria delle materie plastiche come agenti plastificanti, ovvero come sostanze aggiunte al polimero per migliorarne la flessibilità e la modellabilità. Il PVC è la principale materia plastica (in termini di volume di produzione) in cui sono impiegati. Addizionato ad esso, lo ftalato permette alle molecole del polimero di scorrere le une sulle altre, rendendo il materiale morbido e modellabile anche a basse temperature. Ftalati di alcoli leggeri (dimetilftalato, dietilftalato) sono usati come solventi nei profumi e nei pesticidi. Gli ftalati trovano inoltre uso frequente nella preparazione di smalti per unghie, adesivi, vernici e persino negli alimenti. Questi composti sono oggetto di controversia dal 2003: alcuni studi sembrano mostrare che siano in grado di produrre effetti analoghi a quelli degli ormoni estrogeni, causando una femminilizzazione dei neonati maschi e disturbi nello sviluppo dei genitali nonché nella maturazione dei testicoli. Studi sui roditori mostrano che un'elevata esposizione agli ftalati provoca danni al fegato, ai reni, ai polmoni ed allo sviluppo dei testicoli.

Fonte: Enciclopedia delle scienze, Milano, 2005, s.v. ftalati; ftalica, anidride; ftalici, acidi.

Articolo correlato:
- La verità sui filamenti di ricaduta

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martedì 5 novembre 2013

Canneto di Caronia: divampano di nuovo inspiegabili incendi



Tra le molteplici notizie censurate dai media ufficiali o collocate ai margini dell’informazione, menzioniamo la disastrose ed inarrestabile fuga radioattiva dal reattore di Fukushima, la cui centrale atomica fu danneggiata dal maremoto artificiale del giorno 11 marzo 2011.

I gazzettieri di regime, grazie alle loro armi di distrazione di massa, distolgono l’attenzione dai veri problemi, inebetendo l’opinione pubblica con un profluvio di disgustosi ed inutili servizi sulle beghe (finte) all’interno del P.D.L., già Forza Italia, a breve di nuovo Forza Italia e sulle beghe (finte) in seno al P.D.

Quasi sempre i fatti su cui cala lo spesso drappo del silenzio mediatico riguardano la militarizzazione, neanche tanto strisciante, del territorio e della società. Proponiamo, a tale proposito, una breve cronaca inerente alle anomalie elettromagnetiche ed agli incendi di Canneto di Caronia. Sono fenomeni riconducibili con ogni probabilità ad esperimenti e ad operazioni militari. La loro recrudescenza si può collegare alla costruzione del M.U.O.S., l’impianto atto alla gestione dei droni, gli aerei senza pilota, impiegati tra l’altro nella guerra climatica?




A distanza di nove anni si sono recentemente di nuovo manifestati strani fenomeni in Via Mare a Canneto di Caronia. Dopo gli ultimi due casi, è tornata a serpeggiare l’inquietudine fra la gente della frazione in provincia di Messina.

Nella Via Mare il tempo sembra essersi proiettato a quei giorni del 2004, giorni carichi di angoscia e di mistero. Gli inspiegabili roghi che portarono questo pugno di case alla ribalta della cronaca internazionale, sono ripresi improvvisamente. E’ una maledizione per gli abitanti di Canneto da anni costretti a convivere con questi enigmatici eventi che, dopo una tregua durata alcuni anni, sembrano aver ripreso vigore.

Il 4 ottobre scorso le fiamme si sono sprigionate dal quadro contatori di un’abitazione. Le conseguenze dell’incendio non sono state gravi, ma l’evento ha risvegliato una paura mai del tutto sopita.

La domenica successiva i sensori antincendio installati nel 2004 dalla Protezione Civile hanno rilevato un picco di energia sicché il lugubre suono delle sirene d’allarme è risuonato in Via Mare. Fra gli abitanti del piccolo abitato marinaro si è diffuso il panico.

Da qualche giorno, in loco sono tornati gli esperti dell’A.R.P.A. che stanno monitorando quanto accaduto nelle ultime settimane. I tecnici hanno montato nuove apparecchiature per rilevare campi elettromagnetici di alta e bassa frequenza con l’obiettivo di captare l’energia che, registrata dai sensori, ha fatto scattare le sirene.


Fonte: Incendi misteriosi: torna la paura, 2013

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