In vari articoli e nel documentario “Scie chimiche: la guerra segreta” avevamo preannunciato e paventato un incremento della mortalità a cause delle massicce, diuturne, micidiali operazioni di geoingegneria bellica. Ora giunge una conferma dall’ISTAT. E’ una conferma che non avremmo mai voluto avere. I giornalisti che hanno riportato la notizia, basata su indagini recenti, si arrovellano cercando di capire quale possa essere la causa del fenomeno. Noi non ci arrovelliamo. Conosciamo la risposta ed è la seguente: la ragione principale dell’incremento nella percentuale dei decessi va ricercata nelle chemtrails. Qualcuno potrebbe obiettare, adducendo l’argomento secondo cui le statistiche non sono attendibili, ma è sufficiente considerare quanti tra parenti, amici e conoscenti in questi anni o si sono purtroppo ammalati o sono deceduti per comprendere che i numeri in oggetto corrispondono ad una triste realtà. Per amore di completezza e per non essere accusati di procedere a senso unico, ricordiamo le cause precipue della contaminazione ambientale:
Dalle statistiche mensili elaborate dall’ISTAT si rileva come il totale dei morti in Italia nei primi otto mesi del 2015 – ultimo aggiornamento a tutt’oggi disponibile – sia aumentato di 45mila unità rispetto agli stessi primi otto mesi del 2014. La cosa non è affatto marginale, se si pensa che ciò corrisponde ad un aumento dell’11,3% e che, se confermato su base annua, porterebbe a 666mila morti nel 2015 contro i 598mila dello scorso anno. Si tratta di un incremento di ben 68mila unità che appare in gran parte concentrato nella componente femminile (+41mila) e che verosimilmente coinvolge soprattutto la fascia più anziana della popolazione residente nel nostro paese. Il dato è impressionante, ma ciò che lo rende del tutto anomalo è il fatto che per trovare un’analoga impennata della mortalità, con ordini di grandezza comparabili, si deve tornare indietro sino al 1943 e, prima ancora, occorre risalire agli anni tra il 1915 e il 1918: due periodi della nostra storia segnati dalle guerre che largamente spiegano dinamiche di questo tipo. Viceversa, in un’epoca come quella attuale, in condizioni di pace (?) e con uno stato di benessere (?) che, nonostante tutto, è da ritenersi ancora ampio e generalizzato, come si giustifica un rialzo della mortalità di queste dimensioni?[…]
Non basta evocare l’invecchiamento demografico
Non potendo ancora disporre dei dati puntuali sull’incidenza dei decessi per singola età e per genere nel corso del 2015 – dati che ci consentirebbero di valutare gli eventuali cambiamenti del rischio di morte – possiamo sin d’ora cercare almeno di capire se, e soprattutto in quale misura, l’impennata di mortalità del 2015 sia ascrivibile al semplice processo di invecchiamento della popolazione italiana o se, invece, abbia altre cause. […] Le modifiche nella struttura della popolazione spiegano solo in minima parte la maggior frequenza di decessi. Infatti, se i rischi di morte fossero restati invariati rispetto a quelli osservati di recente (ISTAT 2014), l’aumento del numero di persone anziane avrebbe dato luogo solo a 16mila decessi in più rispetto al 2014. E le altre 52mila unità aggiuntive a che cosa sono dovute?
Aspettando nuovi elementi
La questione resta dunque aperta. Tra qualche mese avremo certamente dati più esaurienti che, ci si augura, consentiranno spiegazioni plausibili. […] È la presenza di 68mila morti in più, se confermata dal resoconto di fine anno, rappresenta un segnale importante che la demografia consegna alla riflessione sia del mondo scientifico sia di quello della politica, della pubblica amministrazione e dello stato sociale (tutti insieme appassionatamente coinvolti nel negare la geoingegneria clandestina alias scie chimiche, n.d.r.). E’ un evento “straordinario” che richiama alla memoria l’aumento della mortalità nei Paesi dell’Est Europa nel passaggio dal comunismo all’economia di mercato: un “déjà vu” che non vorremmo certo rivivere. Il controllo della spesa sanitaria sempre e a qualunque costo – in un momento di recessione economica – può avere effetti molto pesanti sul già fragile sistema demografico. Dobbiamo esserne consapevoli.
L’articolo che pubblichiamo si riferisce agli inquietanti war games in atto in questi ultimi mesi, ma contiene pure un cenno a nubi artificiali in un contesto strategico: davvero uno fra i cardini geoingegneria clandestina è quello militare.
Le forze missilistiche strategiche russe (RVSN) stanno dispiegando decine di sistemi missilistici del tipo Topol, Topol-M y Yars in un vasto territorio tra la provincia di Oivanovo nel centro della Russia europea, e nel sud della Siberia, lo scrive la “Rossiyskaya Gazeta”. Questi sistemi lasciano le loro basi e prendono posizione su rampe mobili, dopo aver percorso decine o centinaia di chilometri attraverso percorsi segreti che evitano le strade convenzionali, segnala l’agenzia.
Nel loro dispiegamento, queste potenti armi usano un camuffamento speciale per evitare di essere scoperte dai satelliti spia della N.A.T.O. Così nubi artificiali create con gas speciale le rendono praticamente invisibili dall’alto e, una volta arrivate a destinazione, entrano in azione i dispositivi e simulatori della guerra radioelettronica.
I sistemi missilistici Yars y Topol sono anche accompagnati da veicoli Taifun M dotati di droni, che si incaricano di impedire eventuali azioni sovversive. Lo schieramento attraversa un territorio enorme; soltanto la divisione di Téikovo, nella provincia di Ivánovo, corrisponde ad una zona equivalente alla dimensione di vari paesi europei.
La durata di queste missioni di pattugliamento nucleare è ogni volta maggiore, sottolinea l’agenzia; questa volta, l’addestramento durerà tra le due settimane ed un mese. Le forze russe dotate di missili strategici sono la componente terrestre delle Forze strategiche nucleari della Russia, vengono mantenute in permanente disposizione di combattimento e svolgono una funzione di dissuasione militare.
Le RVSN dispongono nei loro arsenali di missili intercontinentali di classe pesante (RS-20V Voevoda o Satanás, secondo la classificazione occidentale) e della classe leggera (RS-18 Stilet y RS12M2 Tópol M) così come il nuovo sistema balistico intercontinentale RS-24 Yars (SS-X-29 per la N.A.T.O.), che è la versione moderna del Topol-M, con una gittata di 11.000 Kilometri: si segnala per la sua alta manovrabilità. L’arma dispone di un’ogiva di guida individuale e di rientrata multipla.
Un’ennesima smentita alla balzana pseudo-teoria del riscaldamento globale giunge dall’autorevole voce del climatologo John Casey. Ha ragione l’astronomo Eric Dollar a sostenere che l’attività solare è, in questi ultimi tempi, debole: ne conseguirà più che un immediato influsso sul clima, ormai gestito in gran parte dai soliti noti, un’intensificazione delle attività chimiche, visto che la ionosfera è alimentata dall’energia elettromagnetica sprigionata dalla nostra stella. E’ un’intensificazione volta a creare uno strato elettroconduttivo nella bassa atmosfera indispensabile ai signori della guerra per i loro maledetti conflitti presenti e futuri. [1] Di seguito l’articolo in cui Casey, che è pur sempre un solarista con i pregi ed i limiti di questa categoria, preannuncia un raffreddamento planetario con tutte le ripercussioni facilmente immaginabili. Osserviamo infine che, se veramente il clima subirà una diminuzione delle temperature, probabilmente ciò sarà dovuto per lo più alle operazioni illegali in atmosfera e non tanto ad un Sole sonnacchioso, i cui effetti non si manifestano ex abrupto, da un anno all’altro, ma con estrema gradualità.
"Caro presidente Obama, si copra bene: farà freddo, freddissimo, per almeno trent’anni". Lo sostiene John Casey, già climatologo della N.A.S.A., ora direttore di un centro studi di Orlando, la “Space and science research corporation”. L’allarme: l’attività del sole sta rapidamente cambiando, la comparsa di nuove macchie solari lascia presagire un nuovo “grande inverno” per il pianeta, a partire dal 2015-2016, con conseguenze devastanti, fenomeni di assideramento di massa e addirittura il crollo del 50% della produzione alimentare a causa del collasso dell’agricoltura. E’ il drammatico contenuto della lettera che lo scienziato ha rivolto al capo della Casa Bianca già lo scorso aprile. Oggetto: “Richiesta di preparare gli Stati Uniti per un pericoloso clima freddo”. Casey chiede di prendere “provvedimenti immediati per garantire che gli Stati Uniti d’America siano pronti per lo storico e potenzialmente pericoloso clima freddo, che sta per arrivare”. Ma il problema non era il global warming, il surriscaldamento? Sì, fino a ieri. Da oggi, l’allarme è di segno opposto: neve, gelo, temperature sotto zero. A partire dai prossimi mesi.
Anche l’Italia dovrebbe già avvertirne gli effetti da questo dicembre. Gli ultimi studi compiuti confermerebbero l’arrivo di freddo e neve sull’Italia, infatti, già da capodanno. A condizionare la stagione invernale saranno i venti di Burian che si faranno sentire in modo particolare per due o tre volte quest’anno. La tesi di molti mesi rigidi e di un gennaio tra i più freddi della storia con temperature al di sotto dei 20 gradi sembra dunque confermarsi.
Casey cita le ricerche condotte negli ultimi decenni sulle cause del cosiddetti cambiamenti climatici. Il periodo passato del riscaldamento globale è un fenomeno naturale, prodotto principalmente dal Sole ed è finito”, scrive il climatologo nella sua Iceberglettera ad Obama. “Sono oltre diciassette anni che non viene registrata alcuna effettiva crescita delle temperature atmosferiche globali in troposfera. Ironia della sorte, questo significa che, mentre per la maggior parte del tempo la comunità internazionale ha avuto a che fare con il riscaldamento globale, quest’ultimo, non c’era! E’ quindi importante accettare che il riscaldamento globale è finito”. Non c’è più alcun riscaldamento globale, sostiene Casey. “La Terra – scrive – è in fase di raffreddamento da diversi anni, come gli oceani negli ultimi undici anni e l’atmosfera per la maggior parte del tempo”. Dei 24 parametri climatici monitorati dalla Space and science research corporation, registrati in resoconti trimestrali, ben 18 di essi mostrano un raffreddamento globale come tendenza dominante”. Quanto ai restanti 6, «si convertiranno verso lo stato di raffreddamento, entro i prossimi cinque anni».
Lo scienziato dichiara che il livello del mare ha già iniziato a calare, là dove alcune aree oceaniche stanno diventando più fredde. Il centro ricerche coordinato da Casey prevede una riduzione globale del livello del mare della durata di 30 anni, “che comincerà in qualsiasi momento tra quest’anno ed il 2020. Se queste tendenze cambiassero, il centro studi sarebbe il primo a segnalarlo - dice Casey - tuttavia, sulla base delle temperature globali effettive e dei modelli climatici più affidabili, c’è una sola conclusione sullo stato attuale clima della Terra: un nuovo clima freddo è arrivato”. Se questa “nuova era glaciale” procedesse come negli episodi passati (circa 200 e 400 anni fa), secondo Casey “dovremmo aspettarci di vedere notevoli danni alle colture a livello mondiale, sconvolgimenti sociali e politici e la perdita della vita”. […] Casey aggiunge che abbiamo poco tempo per prepararci: “Gli scienziati russi si sono spinti fino a parlare di una nuova “Piccola era glaciale” che principierà quest’anno”.
Secondo gli studiosi statunitensi, il nuovo clima freddo verrebbe imposto alla Terra “da un ripetuto ciclo, di 206 anni, del Sole”. Casey l’aveva già annunciato nel 2007. “Anche se molti altri ricercatori hanno scoperto questo ciclo o previsto un clima rigido in arrivo, sono stati ignorati”, scrive lo scienziato, nella sua lettera a Obama. “La fase di freddo di questo lungo ciclo di due secoli, è prodotta dalla riduzione drammatica dell’energia con la quale il sole scalda la Terra”. Lo chiamano “letargo solare” ed è stato confermato dalla N.A.S.A., dall’aviazione statunitense e dal “National solar observatory”. “La ricerca relativa a questi letarghi – aggiunge Casey – mostra anche che si verificano in concomitanza con i terremoti e le eruzioni vulcaniche più distruttive”.
Potenzialmente devastanti le conseguenze dello choc climatico sulla popolazione, a cominciare dalle categorie più esposte: “Credo che gli afro-statunitensi, altre minoranze ed i poveri soffriranno di più, per la nuova era glaciale e le vostre politiche climatiche”, scrive Casey al presidente (in realtà un fantoccio, un utile idiota, n.d.r.) […] “Senza adeguate contromisure governative, avverte lo scienziato, saremo impreparati ed incapaci di procurarci il cibo”. Inutile aggiungere che ci sarà un’impennata dei costi dell’energia, micidiale soprattutto per i più poveri. Casey rimprovera ad Obama di aver “creduto alla teoria del surriscaldamento globale” e gli rinfaccia la responsabilità per l’incolumità di 317 milioni di cittadini statunitensi di fronte al “grande freddo” che, giura, sta davvero per arrivare.
[1] Spiega Dollar: “Sono cicli di ventidue anni, di inattività e di attività. Un ciclo cominciò agli albori del Rinascimento. Un picco si verificò durante la Seconda guerra mondiale ed ora nel ciclo 24 il Sole si addormenta, non crea la ionosfera, come se le fasi solari stessero per finire. Oggi il flusso solare è 140 circa e dovrebbe essere almeno 200: ora l’astro lavora a metà potenza per questa parte del ciclo, quindi non genera la ionosfera utile per comunicare. Col minimo solare si indebolisce così lo spettro radio: adesso siamo al massimo solare e non è meglio del minimo. Perciò la domanda è la seguente: quando il Sole entrerà nel minimo nei prossimi sette anni, quanto sarà ‘morto’? L'ultimo minimo è stato da primato: l’emissione energetica non è mai scesa sotto 60, mentre questa volta ha toccato 58 sicché non si poteva comunicare".
La flessione nelle prestazioni nelle comunicazioni ionosferiche fornisce un'indiretta indicazione per quanto concerne le attività di geoingegneria spacciate come "solar radiation management", volte a mitigare gli effetti dell'attività solare. In realtà è il contrario, ossia le operazioni di aerosol sono finalizzate al mantenimento di una coltre elettroconduttiva utile a bilanciare la diminuzione di efficienza dello strato ionosferico.
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In anni di intense indagini sull’abnorme problema della biogeoingegneria clandestina alias scie chimiche, abbiamo, sotto il profilo della conoscenza, conseguito dei risultati notevoli: un’ingente mole di fonti, documenti originali, articoli scientifici e divulgativi, insieme con un metodo basato sull’osservazione e l’inferenza, con qualche lampo d’intuito e la preziosa collaborazione degli attivisti, ci hanno consentito di scoprire e di mettere a nudo non solo gli scopi più ovvi delle operazioni chimico-biologiche nell’atmosfera, ma pure di snidare gli obiettivi reconditi che travalicano la “guerra climatica”. Si rilegga a tale proposito “Il nucleo”.
Gli stessi fini strategici delle chemtrails vanno intesi come un progetto, in gran parte attuato, che prevede il totale dominio del pianeta: per soggiogare la Terra ed i suoi abitanti è stato ed è dispiegato un arsenale potente ed amplissimo che spazia dalla chimica alla biologia, dalle armi elettromagnetiche alla programmazione neurolinguistica, dal controllo capillare dei media alla cooptazione dei dissidenti(?). Più passa il tempo e più è difficile contrastare o solo arginare questo attacco contro la Vita e la Verità. Negli ultimi tempi alla disinformazione classica, quella rozza e sboccata, si sta affiancando un negazionismo radical chic, insinuante e mieloso. E’ una propaganda a favore del sistema che, rinunciando ad attacchi diretti ed a grossolani vituperi, mira a plagiare quella parte dell’opinione pubblica meno scaltrita, incapace di riconoscere il virus dell’”informazione” pseudo-indipendente. Questa nuova generazione di degenerati, per lo più imberbi traduttori reclutati in occasione dell’EXPO, ha trovato un modo per sbarcare il lunario e per scrivere cose lunari.
Se da un punto di vista scientifico, sono stati compiuti dei progressi portentosi al punto che si è compreso quale sono veramente le forze in gioco e quale diabolico scenario si staglia dietro le già inquietanti motivazioni belliche della geoingegneria illegale, purtroppo i successi concreti sono stati pochi ed occasionali. Ha ragione Dane Wigington a ritenere che, se non si riuscirà a fermare i pazzi che stanno sbranando il pianeta, si può prevedere che l’umanità ha dinanzi a sé un paio di generazioni, non di più.
Guardiamo in faccia la realtà: il clima alterna periodi siccitosi a devastanti nubifragi, il cielo è perennemente coperto da impenetrabili strati chimici, il sole è un pallido ricordo, la flora e la fauna sono in condizioni precarie, con molte specie prossime al collasso e non per i cosiddetti cambiamenti climatici dovuti al biossido di carbonio! I fenomeni atmosferici sono ormai controllati al cento per cento.
Meglio sottacere poi della situazione politico-economico nazionale ed internazionale vicina ad un pericoloso punto di rottura. Tuttavia in un quadro così preoccupante ci rincuora sapere che certa magistratura, con commendevole zelo, cerca di agire per il bene della collettività, istruendo procedimenti per “diffamazione” nei confronti di scienziati e cittadini onesti con il fine di tutelare il buon nome di qualche pupillo. Il tutto “in nome del popolo italiano”…
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Pubblichiamo un articolo riguardante soprattutto H.A.A.R.P.: sebbene il testo non aggiunga informazioni nuove, è uno spaccato chiaro ed efficace di alcuni sinistri “progetti” militari. Repetita iuvant.
Ed ora… una sigla oscura e minacciosa, OTW, Owning the weather.
Possedere il tempo (sotto il profilo meteorologico)… parole che fanno venire i brividi. Eppure questo è diventato da anni il “credo” del Pentagono, sempre a caccia di sistemi che offrano una maggiore letalità da contrapporre ai suoi nemici.
Da più di quarant’anni gli Stati Uniti incoraggiano la ricerca di ciò che è stato descritto come “modificazione del clima per scopi benefici”… anche se, in realtà, è per un usi bellici. Il capo di stato maggiore della U.S. Air Force, generale Thomas D. White, durante il meeting consultivo presidenziale denominato “Weather control”, dichiarò con fermezza che “possedere il tempo costituiva un’arma molto più potente della bomba atomica”.
A prima vista, certo, l’idea di rendere fertili le zone aride, potrebbe sembrare la porta del paradiso: i popoli che da secoli si sono avvicendati nei deserti, rispettosi dell’acqua nascosta in profondi pozzi, arsi dal sole e dalla sabbia rovente, potrebbero avviare una nuova era di benessere con queste tecnologie che consentono di modificare gli eventi meteorologici a loro favore sul pianeta. La realtà è ben diversa. […]
Possedere il clima non è una semplice arma, ma è soprattutto un “sistema” per la distruzione di massa. Fabio Mini, Generale di corpo d’armata, già capo di Stato maggiore del Comando N.A.T.O. per il Sud Europa, ha guidato il Comando Interforze delle Operazioni nei Balcani, oltre ad essere stato comandante delle operazioni a guida N.A.T.O. nello scenario di guerra del Kosovo. A proposito di controllo del clima, Mini ricorda che gli esperimenti militari per alterare la ionosfera incominciarono a metà degli anni ‘50 del secolo scorso. All’epoca, gli Stati Uniti fecero esplodere tre ordigni atomici a fissione nucleare nella parte inferiore della fascia di Van Allen ed altri due a fusione nucleare nella parte alta dell’atmosfera, provocando ampi buchi nella ionosfera. Questi strappi oggi pregiudicano il sistema che ci protegge dalle radiazioni provenienti dal cosmo. La comunità scientifica protestò, finché Washington non sospese gli “esperimenti”. Peccato che i Sovietici abbiano ritenuto opportuno, dal canto loro, avviare “sperimentazioni” analoghe. […]
Alcuni documenti della C.I.A., ormai declassificati, testimoniano come negli anni della guerra in Vietnam, gli Stati Uniti con l’Operazione Popeye, prolungarono la stagione monsonica sulla Cambogia inseminando le nuvole con l’agente Orange. Le piste dei Vietcong diventarono così fangose da impedire loro di spostarsi. [...]
Il sistema H.A.A.R.P. (High Frequency Active Auroral Research Program), finanziato dal Pentagono è in grado di inviare onde radio nella ionosfera, riscaldandola e causando volutamente delle perturbazioni, simili a quelle provocate dalla radiazione solare. Il motivo? Si dice “per studiare quanto queste influiscano sulle comunicazioni a breve e a lunga distanza”. I riscaldatori ionosferici possono determinare, però, interruzioni sulle reti elettriche, sul pompaggio degli oleodotti e influire sui fenomeni naturali per mezzo di onde radio.
Per questo progetto è stata costruita in Alaska (nella località di Gakona) una base militare in cui sono stati installati circa 200 piloni su ognuno dei quali si trova una coppia di antenne per la banda bassa e per la banda alta: le antenne sono in grado di trasmettere onde ad alta frequenza fino ad un’altitudine di 350 km. Le onde possono essere “lanciate” contro la ionosfera e/o deviate verso zone strategiche del pianeta. Come spesso succede, l’operazione si veste di nobili scopi: lo studio della ionosfera e lo sviluppo di nuove tecniche radar che rendano possibili radiografare la litosfera in modo da rilevare armi o bunker a decine di chilometri di profondità… Un’innocua stazione scientifica, insomma.
Willem Felderhof, ex pilota delle linee olandesi KLM, intervistato al Richie Allen Show, nel mese di novembre del 2015, ha confermato nella sua relazione quanto da anni asseriamo a proposito delle operazioni di geoingegneria bellica.
Di seguito i punti salienti dell’intervista ed i dispositivi di aerosol montati sugli aviogetti di linea.
• I motori turbofan (o turboelica) non possono generare una scia di condensazione persistente.
• Le scie chimiche sono per lo più diffuse da appositi ugelli installati presso gli scarichi del motore.
• Le fotografie in circolazione, che ritraggono barili all’interno di aerei, si riferiscono a test di bilanciamento. Sono test compiuti dalla F.A.A.; i serbatoi non sono apparati usati negli aerei chimici.
• Le compagnie aeree low cost ricevono fondi in nero per disperdere composti chimici.
• Contrariamente a quanto si potrebbe credere, i piloti dei velivoli commerciali raramente sono al corrente delle attività chimiche.
Ringraziamo l'amico e collaboratore TheAntitanker per averci fornito le foto in alta risoluzione che attestano la presenza di dispositivi di irrorazione montati sui velivoli commerciali.
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Grazie all’assiduo aiuto di amici e sostenitori nella battaglia per denunciare e fermare l'ingegneria del clima, è stato installato un altro cartellone che invita a prendere coscienza del problema, indicando il sito geoengineeringwatch.org come fonte per reperire tutte le informazioni utili. Quest’ultimo cartellone è in New Mexico, lungo la strada I-25, nel tratto tra Santa Fe ed Albuquerque.
I cartelloni hanno un impatto visivo che aiuta a sradicare la negazione della realtà dovuta alla censura dei media di regime. La dissonanza cognitiva della popolazione è così profonda che la maggior parte dei cittadini non ha la più pallida idea di quanto sta accadendo nei cieli sopra le loro teste, giorno dopo giorno, già da decenni. […]
Recenti studi psicologici dimostrano che chi mette in dubbio le versioni del mainstream è sano di mente, mentre chi accetta ciecamente ciò che viene propinato dalle fonti "ufficiali" dimostra problemi cognitivi. Quanto più una particolare minaccia si precisa, quanto più è "pubblicizzata", tanto più facile diventa debellare il bias di conferma. Così la campagna di affissioni anti-geoingegneria continua.
Un articolo concernente celle solari che si autoriparano getta una luce (sinistra) sulle biotecnologie, una fetta importante delle operazioni di biogeoingegneria clandestina. Per un corretto inquadramento del tema, connesso ad un orribile scenario transumanista, si leggano “Nanotubi di carbonio trovati nelle vie aeree di bambini abitanti a Parigi” e “Cervelli superveloci con i nanotubi”. Ringraziamo l’amico Emanuele per la segnalazione.
Un annuncio che sembra davvero fantascienza è arrivato da alcuni ricercatori statunitensi che stanno creando un nuovo tipo di cella solare progettata per auto-ripararsi a partire da nanotubi di carbonio e DNA, come i sistemi naturali di fotosintesi nelle piante. Gli obiettivi sono i seguenti: aumentare la durata e ridurre i costi.
“Abbiamo creato sistemi di fotosintesi artificiale, usando nanomateriali ottici per la raccolta di energia solare che è poi convertita in energia elettrica”, ha detto Jong Hyun Choi, professore di Ingegneria meccanica presso la Purdue University (Indiana, Stati Uniti d’America). Il progetto sfrutta le insolite proprietà elettriche di strutture chiamate nanotubi di carbonio a parete singola, impiegandole come “fili molecolari che raccolgono la luce nelle celle”, ha spiegato Choi, il cui gruppo di ricerca ha sede presso il Centro di nanotecnologia del Purdue Discovery Park.
“Credo che il nostro approccio sia molto promettente per una futura applicazione commerciale, anche se siamo ancora in una fase di ricerca di base,” ha chiarito Choi.
Le celle fotoelettrochimiche convertono la luce solare in energia elettrica ed usano un elettrolita – un liquido che conduce elettricità – per il trasporto di elettroni, generando la corrente. Le cellule contengono coloranti che assorbono la luce. Questi pigmenti sono chiamati cromofori e sono molecole simili a quelle della clorofilla: essi si degradano a causa dell’esposizione alla luce solare. “Lo svantaggio critico di celle fotoelettrochimiche convenzionali è proprio questo degrado”, ha detto Choi. La nuova tecnologia supera questo problema come fa la natura: sostituisce i coloranti danneggiati con nuovi composti.
L’idea potrebbe rendere possibile un innovativo tipo di cella fotoelettrochimica che continua a funzionare a pieno regime a tempo indeterminato, almeno finché sono aggiunti nuovi cromofori.
I risultati sono stati illustrati in una presentazione del simposio denominato “Mechanical Engineering International Congress and Exhibition”. Il convegno si tenne a Vancouver nel novembre del 2011. Il concetto è stato anche delucidato in un articolo inserito sul sito web di SPIE, una società internazionale di ottica.
I nanotubi di carbonio funzionano come una piattaforma per ancorare filamenti di DNA. Il DNA è stato progettato per avere specifiche sequenze di blocchi chiamati nucleotidi, permettendo loro di riconoscere i cromofori e di legarsi ad essi. Quando i cromofori sono pronti per essere sostituiti, essi possono essere rimossi tramite processi chimici o con l’aggiunta di nuovi filamenti di DNA.
Due elementi sono fondamentali per la tecnologia al fine di imitare il meccanismo di auto-riparazione della natura: il riconoscimento molecolare e la metastabilità termodinamica o la capacità del sistema di essere smontato e rimontato in modo continuo.
La ricerca è una prosecuzione di un lavoro che Choi ha compiuto con i ricercatori del Massachusetts Institute of Technology e delll’Università dell’Illinois. "La precedente ricerca ha usato i cromofori biologici prelevati da batteri. […] Tuttavia, servirsi di cromofori naturali è difficile; essi devono essere raccolti ed isolati dai batteri, un processo che sarebbe costoso da riprodurre su scala industriale. Così, invece di usare cromofori biologici, vogliamo usare quelli sintetici costituiti da coloranti definiti porfirine”.
Terrificante tentativo di legalizzare la geoingegneria bellica attraverso una “proposta” che, nelle forme più disparate, tutte dannose per il pianeta e chi lo abita, è realtà da alcuni decenni: spargere polvere di diamante nell’atmosfera. Il tutto si basa sempre sulla gigantesca truffa dell’aggravamento dell’effetto serra da biossido di carbonio, secondo il solito, collaudato schema dialettico: problema, (inesistente o creato ad hoc), reazione, “risoluzione”. Altro che “febbre del pianeta”: sono certi “climatologi” ad avere la febbre da cavallo ed a delirare!
Riscaldamento globale, polvere di diamante nel cielo per ridurre la "febbre" del pianeta (sic). La “proposta” arriva dall'Università di Harvard: le preziose nanoparticelle rifletterebbero i raggi solari, contrastando l'effetto serra.
Spruzzare (sic) polvere di diamante in atmosfera per riflettere i raggi del Sole ed abbassare la "febbre" del pianeta provocata dall'effetto serra: è l'idea lanciata da un gruppo di climatologi (una banda di pazzi, n.d.r.) dell'Università di Harvard in uno studio (in realtà uno scartafaccio demenziale e falso, n.d.r.) pubblicato su “Atmospheric Chemistry and Physics”. Secondo i calcoli dei ricercatori, le nanoparticelle sarebbero molto più efficaci e rispettose dell'ambiente (sic!!!) rispetto ai cosiddetti aerosol di solfati, da anni al centro del dibattito sul “riscaldamento globale”.
Il pericolo dei solfati - Secondo i ricercatori americani, gli aerosol atmosferici, che dovrebbero indurre un abbassamento delle temperature mimando gli effetti di un'eruzione vulcanica, rischierebbero di scatenare una serie di pericolosi effetti collaterali. Innanzitutto potrebbero reagire con altre sostanze presenti in atmosfera, producendo acido solforico e danneggiando lo strato di ozono. Inoltre, assorbendo la luce a particolari lunghezze d'onda, potrebbero far surriscaldare gli strati più bassi dell'atmosfera, alterando la circolazione dei venti e il clima (E’ quello che avviene da tempo, n.d.r.).
Una miscela di diamante e di alluminio - Per arginare questi ostacoli, gli esperti scommettono sull'uso di due particolari tipi di nanoparticelle solide: quelle di ossido di alluminio (che è un toccasana, n.d.r.), che avrebbero lo stesso effetto raffreddante dei solfati, e quelle realizzate con diamanti sintetici che, invece, sarebbero più efficaci del 50%. […]