Qualche mese fa, abbiamo avuto l'occasione di sfogliare un suo manuale per i licei: la mente è andata, in un confronto inevitabile, al testo che una volta era adottato in molti istituti, l'impareggiabile Argan. Giulio Carlo Argan, oltre ad essere uno storico dell'arte, era un intellettuale. Che differenza tra il volume di Montanari e l'opera dell'Argan! Nel primo l'autore si limita a descrivere il soggetto a svolgere qualche riflessione sulle fonti, ma il tutto è così anodino, frammentario, superficiale. Argan, invece, spazia dall'Arte alla Filosofia, dalla Scienza alla Letteratura. Non solo! Le sue pagine sono accese da intuizioni geniali, percorse da una vena polemica contro il Potere, qualunque aspetto assuma. Montanari, invece, esprime, senza alcuna originalità, il pensiero unico dominante, quello della retorica tipica della pseudo-sinistra, credendo di essere originale.
E' poi soprattutto una questione di stile: la prosa di Argan è limpida, tornita, luminosa; il dettato di Montanari è sciatto, irto di strafalcioni, deturpato dai soliti termini inglesi usati a sproposito. Annota Vittorio Sgarbi, una figura che potrebbe acquisire una visione del mondo più ampia, se solo squarciasse certi veli: "Leggendo il testo, si capisce che Montanari è un parvenue che non sa neanche scrivere in italiano. Per non parlare dell’uso di espressioni inglesi come ‘breaking news’ o ‘fantasy’. Montanari parla un linguaggio modaiolo e credo che non ci sia bisogno neanche di sottolineare quanto sarebbe stato più opportuno scegliere un testo di Manzoni o di Gioberti per parlare del rapporto tra storia e futuro". D'accordo, anche l'elocuzione di Sgarbi non è il non plus ultra, ma coglie nel segno, quando vede in Montanari un personaggio che vuole essere a tutti i costi à la page. Che cosa pensare poi delle banalità snocciolate dal Nostro? Il presente affonda le sue radici nel tempo trascorso, bisogna tutelare il patrimonio artistico, perché appartiene ad ognuno di noi e luoghi comuni simili. Dov'è lo spirito provocatorio di un vero intellettuale come Nietzsche che, in modo dissacrante, afferma che la storia monumentale, ossia quella che imbalsama il passato, lo venera in modo acritico, è più dannosa che inutile? Dov'è lo spirito provocatorio di un vero intellettuale come Jacques Derrida per cui i veri significati dei testi sono negli spazi bianchi, nel non detto, per il quale alle origini del linguaggio, almeno in senso simbolico, si situa non l'oralità, ma la scrittura?
Se un erudito come Montanari non è in grado di superare i cliché di una impostazione omologata, quanto più si sforza di apparire controcorrente, che cosa ci possiamo attendere dall'uomo medio-basso? La massa vive intorpidita ed intontita, le sue reazioni sono alla cane di Pavlov. A volte si lamenta e si preoccupa, ma sono i suoi stessi bisogni, indotti dal sistema, a decretarne la condanna. Vuoi scaricare una pellicola in una frazione di secondo, vuoi praticare le tue scorribande sulla Rete alla velocità della luce? Ti do il 5G, ma non lagnarti, se poi ti irradio con microonde mortali, se taglio gli alberi, se installo antenne, contatori "intelligenti" ed altre diavolerie persino nelle latrine! E' la legge della domanda e dell'offerta: vuoi la tecnologia più avveniristica? Te la offro, ma con tutte le conseguenze del caso. I doni del Potere sono simili a quei pacchi scintillanti e pieni di fiocchi dei cartoni animati con Will Coyote: contengono un esplosivo.
Le “classi dirigenti” a volte sono strane, bislacche: hanno creato Greta Thunberg per la solita propaganda circa i "cambiamenti climatici". Eppure la grifagna adolescente ripete che bisogna smetterla di prendere l'aereo. Ha ragione: è vero che, qualora molti decidessero di viaggiare in aereo solo in caso di necessità, i criminali troverebbero mille altri modi di avvelenare il pianeta. Tuttavia sarebbe un segnale, la dimostrazione di una presa di coscienza. Significherebbe il rifiuto di una tecnologia che, sverniciate le ammiccanti pubblicità, si rivela ogni giorno più diabolica, ogni giorno più distruttiva.
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